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Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un importantissimo principio di Diritto, secondo il quale: “L’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’agente di riscossione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 72-bis in sede di esecuzione esattoriale, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti degli articoli 2699 e 2700 cod. civ., conservando invece quella di atto processuale di parte.” Così ha stabilito la sentenza n. 26519 del novembre 2017, ribaltando del tutto una situazione che di fatto si era protratta nel tempo a discapito dei contribuenti. Fino alla sentenza della Suprema Corte, infatti, l’Agenzia delle Entrate Riscossione procedeva ordinando direttamente all’ente creditore di versare le somme a proprio favore, sulla base del credito vantato in relazione a cartelle esattoriali e avvisi di addebito. L’art. 72-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 disciplina il pignoramento presso terzi e stabilisce che l’agenzia della riscossione, che intenda far valere il proprio credito, può rivolgersi direttamente al terzo ordinando di corrispondere le somme dovute dal debitore rispettando, però, alcuni criteri stabiliti nell’articolo stesso. Ciò che viene maggiormente in rilievo, tra i criteri appena menzionati, è l’obbligo di indicare esplicitamente i crediti per cui si procede. Nella prassi era invalsa l’infondata convinzione che l’Agenzia delle Entrate agisse in qualità di pubblico ufficiale e che, di conseguenza, la mera elencazione delle cartelle di pagamento - senza l’indicazione del tipo di credito ivi vantato - fosse sorretta dalla fede pubblica, propria degli atti dell’ufficiale giudiziario. Sul punto si è espressa la Suprema Corte, specificando che “l’attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (nella specie, concernente l’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso.”. Dunque, con riguardo alle attività dell’ufficiale di riscossione, occorre distinguere le operazioni in cui egli svolga le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario in veste, quindi di pubblico ufficiale ed è conseguentemente dotato dei poteri di fidefacienza, dal caso in cui agisca quale operatore privato e sia quindi sprovvisto dei citati poteri. Occorre, per chiarezza, sottolineare che la fede privilegiata è riservata ai soli atti pubblici, sicché si rivela infondata l’affermazione secondo cui il pignoramento eseguito dall’agente di riscossione fa piena fede, fino a querela di falso, dell’attività compiuta per la sua redazione, inclusa l’effettiva allegazione dei documenti ivi menzionati. Tutto ciò è avvalorato dalle affermazioni della Corte secondo la quale, non solo l’agente della riscossione non assume la veste di pubblico ufficiale, ma, inoltre, l’atto ex art. 72-bis è un atto processuale di parte e non un atto pubblico. Secondo la Suprema Corte, non vale a superare tale illegittimità, l’allegazione, all’atto di pignoramento, dell’elenco delle cartelle di pagamento: “Non può dirsi che le indicazioni sui crediti possano ritrarsi per relationem dal corpo dell’atto di pignoramento notificato. Non vi è infatti dimostrazione che con tale atto sia stato effettivamente notificato all’opponente anche l’elenco delle cartelle per cui si procede. In realtà non vi è alcuna ragionevole sicurezza che tale elenco facesse effettivamente parte dell’atto di pignoramento, posto che esso non reca alcun timbro di unione a tale atto, contiene una data apparente posteriore a questo, redatto su un documento separato rispetto a quello principale, è posto dopo la parte conclusiva ed è anche privo di alcuna autonoma sottoscrizione.”. Agenzia delle Entrate - Riscossione - Nullo il pignoramento presso terzi se non indica il dettaglio dei crediti28 agosto 2018 Con la sentenza n.26519 del 9/11/2017 la Cassazione è intervenuta nella delicata materia dei pignoramenti ex art. 72 bis DPR
602/1973 ritenendo illegittimo l'atto di pignoramento sprovvisto delle cartelle di pagamento poste alla base della riscossione e delimitando i confini di azione dell'ufficiale della riscossione. Cosa succede dopo la notifica del pignoramento presso terzi?Decorsi 10 giorni dalla notifica dell'atto di precetto e comunque nei 90 giorni dalla notifica stessa, il creditore deve consegnare l'atto di pignoramento all'ufficiale giudiziario per la notifica al debitore e al terzo: questo è il momento in cui ha inizio l'esecuzione forzata.
Come avviene la notifica di un atto di pignoramento?Dunque, la notifica del pignoramento è un atto dell'ufficiale giudiziario, effettuata in modo diretto o mediante servizio postale.
Come notificare un atto di pignoramento presso terzi?Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento è tenuto a notificare al debitore e al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura. La prova della notificazione di tale l'avviso va inserita nel fascicolo dell'esecuzione.
Come funziona pignoramento Agenzia Entrate?Mediante il pignoramento presso terzi, si chiede ad un terzo (ad esempio, il datore di lavoro) di versare direttamente all'Agenzia delle Entrate-Riscossione quanto da lui dovuto al debitore di quest'ultima, che a sua volta, è creditore del terzo.
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