Le donne nel mondo del lavoro oggi

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Al via la certificazione di parità: ecco le linee guida per ottenerla e misurarla

di Serena Uccello

24 aprile 2022

Lavoro agile ed empowerment femminile, un obbiettivo sociale

3' di lettura

In Italia su dieci lavoratori le donne sono solo quattro. A confermarlo con cristallina chiarezza sono i primi dati sull’occupazione 2021 diffusi dall’Istat ed elaboratori dalla Fondazione Moressa. Il “bicchiere mezzo pieno” dice che dopo la forte diminuzione del 2020 determinata dalla pandemia (-724 mila, -3,1% rispetto al 2019), in media nel 2021 l’occupazione è tornata a crescere di 169 mila unità (+0,8% rispetto al 2020). Il “bicchiere mezzo vuoto” invece ci dice che se analizziamo il trend di più lungo periodo il recupero non ha ancora compensato le posizione perse: i 22.554.000 lavoratori dei 2021 sono sotto il dato dei 22.959.000 del 2018. In questo quadro perdono tanto gli uomini (13.044.000 contro 13.282.000) quante le donne (9.510.000 contro 9.677.000).

La ripartizione

Analizzando dove si concentra la crescita per i due segmenti dell’occupazione - maschile e femminile - emerge che l’incremento dell’occupazione femminile appare più strutturale: «L’occupazione femminile - rileva il report della fondazione Moressa - è infatti concentrata nei servizi (oltre il 70% di occupate), mentre l’occupazione maschile è presente in modo più sostanziale anche nell’industria e nelle costruzioni. Ma mentre l'occupazione femminile cresce in quasi tutti i settori (solo il commercio riporta segno negativo), la crescita occupazione maschile è dovuta quasi esclusivamente al settore delle costruzioni».

Dov’è dunque il vulnus? Nell’esiguità di questa componente sul totale: l’incidenza del 42,2% resta ancora troppo bassa. Ma non solo è preoccupante la situazione di alcuni contesti territoriali. Perché se è vero che «sono molte le regioni che segnalano incrementi importanti di occupazione femminile e molte riguardano il Sud», l’incidenza complessità in alcune regioni come ad esempio la Campania (35,3%), la Sicilia (35,8%) e la Calabria evidenziano una drammatica marginalizzazione del lavoro femminile.

La certificazione di parità

Un nuovo impulso potrebbe tuttavia ora arrivare dall’attivazione di una delle misure del Pnrr, prevista dalla missione 5 con una copertura finanziaria di 10 milioni di euro: si tratta della certificazione di parità. Il 24 marzo è stata infatti delineata la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, che definisce criteri, prescrizioni tecniche ed elementi funzionali alla certificazione di genere. Un passaggio necessario, questo, all’entrata in vigore di uno strumento che permetterà alle imprese che promuovono il lavoro femminile e le pari opportunità di avere vantaggi fiscali. Come funzionerà? In concreto, le prassi definiscono i sei driver necessari per stabilire la concessione della certificazione. Sono:

1 il rispetto dei principi costituzionali di parità e uguaglianza;

Sappiamo tutti che nel 2021 le donne in Italia hanno il diritto di votare e nel corso dei secoli sono riuscite a raggiungere importanti traguardi, ma quanto effettivamente sono socialmente alla pari degli uomini?

Partiamo dall’Età Moderna. In questo periodo le donne erano solitamente confinate in casa e chiunque di loro volesse svolgere un’attività professionale era automaticamente considerata “disonesta”: avere una moglie che non lavorava era considerato un simbolo di ricchezza. Questo ruolo della donna nella società proseguirà poi anche durante tutto il XIX secolo, periodo in cui le mogli avevano il ruolo principale di curare la casa e di incitare i propri mariti a combattere, soprattutto durante le lotte per l’unificazione nazionale.

La fine del Risorgimento portò però le donne – soprattutto quelle del Nord Italia – a vivere un peggioramento della loro condizione, in quanto il nuovo Codice in vigore stabiliva la necessità per le donne dell’autorizzazione maritale per gestire i propri beni e l’impossibilità di votare alle elezioni politiche e amministrative. In questo stesso periodo, l’istruzione femminile era limitata all’insegnamento delle diverse mansioni domestiche e soltanto nel 1875 fu concesso alle donne l’accesso all’università, nonostante fosse comunque difficilissimo per loro potersi laureare e soprattutto trovare lavoro. Un importante passo avanti fu raggiunto poi il 17 luglio 1919, giorno in cui fu approvata la legge che aboliva l’autorizzazione maritale e consentiva alle donne di poter svolgere qualsiasi impiego pubblico. Tuttavia, solamente con l’articolo 51 della Costituzione si avrà l’effettiva presenza delle donne in tutte le professioni e uffici pubblici.

Nel XX secolo però, nonostante le donne fossero escluse da quasi tutte le professioni, una larghissima parte di loro veniva sfruttata per il lavoro in fabbrica: in totale, infatti, circa il 60% degli operai erano donne.  Solo nel 1902 tuttavia fu introdotto il congedo di maternità, mentre nel 1907, a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, si assistette a un netto calo dell’occupazione femminile e ad un aumento dei licenziamenti: il lavoro femminile era considerato accessorio.  Con il regime fascista poi, grazie alla politica favorevole all’incremento demografico, fu concesso alle donne il congedo durante il nono mese di gravidanza, due riposi giornalieri per l’allattamento, l’istituzione di camere dell’allattamento e il diritto di mantenimento del posto di lavoro durante il congedo e per il tre mesi successivi al parto. Queste innovazioni scoraggiarono però molti datori di lavoro ad assumere delle donne.

Nel dopoguerra le donne ottennero finalmente il diritto di voto e il riconoscimento – teorico – dell’uguaglianza con gli uomini. Questa è infatti tuttora inesistente, se si tengono presenti la differenza (spesso grande) tra il salario medio maschile e quello femminile a parità di mansione e i grandi pregiudizi che spesso molte donne si trovano ad affrontare sul posto di lavoro.

Speriamo quindi in un cambiamento in positivo, portato avanti non solo dalle donne.

DI SARA BERTUZZI 2A

Qual è la condizione attuale delle donne lavoratrici?

Secondo le recenti stime dell'OIL , le donne sono ancora lontane dal raggiungimento dell'uguaglianza di genere nel mondo del lavoro e, in molte parti del mondo, sono intrappolate in lavori poco qualificati e retribuite in maniera inferiore rispetto agli uomini.

Che difficoltà vivono le donne nel mondo del lavoro?

Le donne vivono una situazione di povertà lavorativa bassi salari. lavori precari. difficoltà della conciliazione vita-lavoro.

Come vengono trattate le donne al giorno d'oggi?

La donna oggi è lavoratrice e cittadina, non può più quindi sottostare al potere dell'uomo, marito o padre che siano. Per molto tempo il lavoro della donna è stato considerato subordinato a quello dell'uomo e finalizzato ad esso, nonostante la parità tra loro fosse anche sancita anche dalla Costituzione italiana.

Quali sono i diritti della donna lavoratrice?

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

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