Idiota dostoevskij la bellezza salverà il mondo

Quante volte avete sentito la celebre frase la bellezza salverà il mondo? Utilizzata, riciclata e sciacallata in mille modi, in realtà ha un significato profondo e per nulla superficiale. In molti non sanno che, inoltre, nel romanzo L’idiota di Fëdor Dostoevskij da cui è tratta, in realtà si legge:”Il mondo lo salverà la bellezza”. Il motivo principale è dato dal fatto che, solitamente, non si conosce la frase originale in lingua russa: Mir spasët krasota (Мир спасёт красота). Ma prima di addentrarci nell’universo dostoevskiano, è bene analizzare la bellezza come concetto nella cultura russa.

Esso ha una precisa origine etimologica, bello in russo è krasivyj (красивый). Anticamente, però, si presentava sotto la forma krasnyj, che nel russo odierno significa “rosso”. Infatti la radice dello slavo antico рьдръ stava proprio ad indicare un colore sì rosso, ma con diverse sfumature: rudy in polacco indica, appunto, una sfumatura più tendente all’arancione e i capelli color “carota” di un essere umano, ed è peraltro simile a рыжый (ryžyj), il suo corrispondente russo. Perciò, come spesso accade nel corso della storia, krasnyj in russo da “rosso” venne a significare “bello” ed una delle ragioni principali stava nel fatto che questo colore aveva una certa importanza ed era considerato pregiato. L’epoca storica in cui si data questo cambiamento linguistico è quella a cavallo tra il XIV e il XVI secolo. Gli oggetti di color rosso erano allora considerati belli e preziosi: krasnyj mramor, marmo rosso pregiatissimo, krasnyj kamen’, pietra rossa preziosa ed, infine, krasnaja ptica, uccello dal piumaggio rosso. Rossi erano gli abiti delle famiglie altolocate, ovviamente molto costosi, poiché la tintura rossa lo era di per sé. Nel XVII secolo krasnyj e krasivyj si contendono ancora la scena linguistica, sarà solo il secolo successivo a dar vinta a krasivyj, che comincia ad assumere l’esclusivo significato di “bello”. Come spesso accade nei retaggi linguistici di parole che hanno perso il loro significato originario, rimangono tuttavia alcune eccezioni: krasnaja devca, “bella ragazza”, krasnyj den’, “bella giornata” e krasnoe col’nce, “bel sole”. Certamente, gli studenti di russo al primo anno, già coraggiosi per aver intrapreso la difficile strada dello studio di questa lingua bellissima, ma complicatissima, si sono trovati confusi nell’apprendere che la famosa Piazza Rossa di Mosca, in russo Krasnaja ploščad’, in realtà è la “bella piazza”. L’enorme e celeberrima piazza della capitale russa preserva, infatti, il suo significato arcaico.

Ora che il significato puramente linguistico ed etimologico è svelato, non ci resta che soffermarci su come l’identità russa percepisca un significato della bellezza così vasto e dalle molteplici sfaccettature. Bisogna anzitutto rammentare che la Madrepatria rimase per secoli isolata dal mondo occidentale e l’arte, fino praticamente all’epoca di Pietro il Grande, colui che aprì la famosa finestra sull’Europa alla Russia, era costituita quasi esclusivamente dall’arte sacra. La religione occupava una posizione eminente nella quotidianità e nella mentalità dei russi di allora, il concetto di bellezza era quindi molto legato a essa. Ovviamente si parla della religione cristiano-ortodossa, per la quale bellezza, santità e verità erano un tutt’uno, e l’incarnazione del Bello e del Buono era Cristo. I padri della tradizione filocalica affermavano, infatti: “nulla è più bello di Cristo”. Ancora oggi, l’ortodossia russa possiede un altro valore, quello del bene, blago, che è accompagnato dalla triade ontologica di bene-verità-bellezza. Quest’ultima, a sua volta, accoglie tre valori: bontà, dobrota, tolleranza, terpimost‘, e generosità d’animo, ščedrost duševnaja. Se chiedete ad un russo contemporaneo, saprà sicuramente riconoscersi in questa serie di valori e vi aggiungerà che essi sono condivisi dalla comunità con lo scopo di voler trasmetterli agli altri. Eredità comunista a parte, il popolo russo ha da secoli la predisposizione al vivere tenendo conto dei bisogni della comunità, non soltanto a quelli dell’individuo. Tale principio trova le sue origini nell’obščina, l’antica comunità rurale russa, ma questa è un’altra storia. Tornando al nostro focus, la bellezza, questo voler trasmetterla anche ad altri ci porta, finalmente a “la bellezza salverà il mondo”.

Com’è già stato precedentemente sottolineato, la frase originale è Mir spasët krasota – e anche in questo caso, nulla è come sembra. Ebbene, bisognerebbe riportare in vita l’autore per capire l’ambiguità che celava questa frase. Sembra, innanzitutto, che il focus della frase sia mir, “mondo”, e non krasota, “bellezza”. Mir in russo ha un duplice significato: “mondo” o “pace”. “Il mondo sarà salvato dalla bellezza”, dunque il mondo raggiungerà un equilibrio, un’armonia, poiché l’allusione alla bellezza può essere interpretata come rimando a qualcosa di armonioso e di ordinato. Anche il principe Myškin,  alla domanda di Ippolit su quale bellezza sia, non risponde, lasciando così il mistero al lettore: È vero, principe, che lei ha detto che la ‘bellezza’ salverà il mondo? State a sentire, signori, gridò a voce alta rivolgendosi a tutti, il principe sostiene che la bellezza salverà il mondo […]. Ma quale bellezza salverà il mondo? (1)

Ippolit si rivolge ai presenti per cercare di comprendere il mistero che cela questa frase. Come giustamente ha notato Franco Rella nel suo saggio Quale bellezza?, è il “padre” di Myškin, Dostoevskij stesso, che ha “messo in questione l’idea di bellezza come armonia” (2). Dunque, attraverso Ippolit, Dostoevskij cerca di sondare le fondamenta del concetto di bellezza. Citando anche altri personaggi de L’Idiota, Aglaja, fidanzata di Myškin, e la misteriosa e bellissima Nastas’ja, Rella riflette sull’indagine della bellezza ne L’idiota:

È però difficile pensare che Aglaja, e soprattutto Dostoevskij, abbiano potuto dire quale bellezza salverà il mondo, se Myškin fin dall’inizio della vicenda ha affermato che ‘è difficile valutare la bellezza, e io non ci sono preparato. ‘La bellezza è un enigma’, e se – come abbiamo visto – alla domanda diretta di Ippolito egli non risponde. Dostoevskij, qui, nell’Idiota, sottolinea e enfatizza il carattere inquietante della bellezza. Infatti, di fronte alla ‘strana bellezza’ di Nastas’ja, la sorella di Aglaja, Adelaide, guardando una sua fotografia, afferma ‘con una simile bellezza si può rovesciare il mondo’. Si può distruggere il mondo dunque, e non salvarlo (3).

Dostoevskij così presenta due facce della stessa medaglia: la potenza vivifica della bellezza da un lato e dall’altro la sua faccia distruttiva. Sarà quest’ultima a chiudere, con un fine tragico, il romanzo, lasciando così il lettore ancora più sorpreso:

E proprio la bellezza di Nastas’ja porterà la vicenda al tragico. Di fronte alla ‘strana’ e inquietante bellezza di Nastas’ja il principe abbandona Aglaja, di cui era innamorato, e decide di sposare proprio lei, Nastas’ja, che lo abbandonerà proprio sulla soglia del matrimonio. Myškin la ritroverà cadavere accanto a Rogožin che di lei era follemente innamorato e che ha dovuto uccidere la sua ossessiva e ossessionante bellezza. Rogožin finirà ai lavori forzati. Myškin precipita nell’idiozia, nel balbettamento, nell’afasia (4).

Tornando alla figura del principe Myškin, egli stesso è l’incarnazione di una bellezza che cerca di stabilire ordine nel caos e che rappresenta quel pourpurri di passioni e lamento che caratterizzano molte delle figure create da Dostoevskij. La bellezza di Myškin disorienta sia coloro che lo circondano nel romanzo, sia coloro che ne leggono le vicende, una bellezza che invoca la verità, riportando così alla triade bellezza-bontà-verità. Ciò che è bello è buono e ciò che che è buono e bello è vero. Myškin, il “folle per Cristo”, in russo jurodivyj, che trova la sua origine nella forma paleoslava жродъ (urod) che indicava qualcosa di contrario alla natura e alla civiltà. Al giorno d’oggi urod significa demente, ma in quei dementi i russi di allora vedevano la luce di Cristo. Myškin è colui che emana bellezza e verità divina, dallo stesso Dostoevskij associato a Don Chisciotte, perché entrambi rappresentano il modello del cavaliere cristiano errante che racchiude in sé il senso della loro missione redentrice, che però poi si rivelerà fallimentare, un’avventura spirituale per loro folli solitari. Forse al giorno d’oggi un concetto di tale portata è poco comprensibile ai più e poco aderente alla realtà odierna, ma sicuramente per chi è appassionato di letteratura russa, e non solo, suscita un fascino magnetico e misterioso al tempo stesso.

Idiota dostoevskij la bellezza salverà il mondo

Se il principe Myškin era frutto dell’immaginazione di Dostoevskij, un oggetto reale e a lui molto caro rappresentava la quintessenza della bellezza: la Madonna Sistina di Raffaello. Lo scrittore possedeva in casa una copia del quadro, donatogli dalla contessa Sof’ja Andreevna. Quest’ultima venne a sapere del desiderio di possedere una copia dell’opera poiché Dostoevskij rimase folgorato da essa a Baden-Baden, in Germania, precisamente nel 1867. Lo scrittore vi si recò per soggiornare nei bagni termali e dedicarsi al gioco nei casinò, sua abitudine e rovina delle sue finanze. La Madonna cominciò ad entrare nei racconti e romanzi di Dostoevskij, che era capace di passare ore intere davanti al quadro. A detta di sua moglie, Anna Grigor’evna, egli considerava questo quadro come il più grande capolavoro creato dal genio umano […]. F.M. anteponeva Raffaello a tutti gli altri artisti e, delle sue opere, gli piaceva più di ogni altra la Madonna Sistina (5).

Sicuramente un russo, abituato alle icone che non abbandonarono mai lo stile bizantino medioevale, l’opera di Raffaello suscitava stupore e venerazione poiché la Madonna era stata dipinta ad immagine e somiglianza di donne comuni, ma resa in maniera divina. Incarnazione di bellezza e perfezione, certamente non per l’uomo moderno, che, come Dostoevskij aveva già previsto, non ne avrebbe conservato più il valore sacro ma lo avrebbe considerato merce tra le merci. Basta farsi un giro in un qualsiasi museo per rendersi conto di come molte persone non si godano l’osservazione dei quadri, ma siano intente per lo più a scattare fotografie o addirittura selfie. Nell’era del tutto e subito e della corsa dei mi piace sui social, non c’è tempo né di contemplare quadri per ore come faceva Dostoevskij con la Madonna Sistina, né di leggere L’idiota e di interrogarsi sui molteplici significati della bellezza.   

Note:

  1. Franco Rella, Quale bellezza?, 2017, Orthotes, p.8.
  2.  Ibid.
  3.  Ivi, p. 9.
  4.  Ivi, p. 10.
  5. Anna Grigor’evna Dostoevskaja, Dostoevskij mio marito, trad.it. Anna Milazzo Lipschütz, Milano, Bompiani, 1945, p.101.

Cosa parla l'Idiota di Dostoevskij?

L'intento di Dostoevskij è quello di raccontare le vicende esistenziali di un uomo completamente buono, il principe Myškin, che si trova coinvolto nelle torbide vicende di un gruppo di personaggi tra Mosca e San Pietroburgo.

Chi ha detto la frase la bellezza salverà il mondo?

L'enorme letterarietà di quelle parole è solo uno dei segni della genialità del suo autore. Il “genio crudele” Dostoevskij (definizione resa famosa in Russia dal critico Michajlovskij ) mostra qui, nella sola concezione di quella frase, il primo dei suoi due attributi. “La bellezza salverà il mondo”.

Qual è il capolavoro di Dostoevskij?

Le opere che lo hanno reso maggiormente famoso sono Memorie dal sottosuolo, Delitto e castigo, L'idiota, I demoni e I fratelli Karamazov, e viene considerato un esponente dell'esistenzialismo e dello psicologismo. Egli fu un uomo e un intellettuale spesso contraddittorio.

Cosa dice Dostoevskij?

“Le piccole cose hanno la loro importanza: è sempre per le piccole cose che ci si perde.” “Soffrire e piangere significa vivere.” “Il segreto dell'esistenzaumana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive.” “Ogni uomo ha dei ricordi che racconterebbe solo agli amici.