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Il sistema di numerazione romano è un sistema di numerazione additivo/sottrattivo per il quale a ogni simbolo letterale è associato un valore: il numero rappresentato è dato dalla somma o dalla differenza dei valori di ogni simbolo che lo compone. Simboli base[modifica | modifica wikitesto]I numeri romani sono sequenze di simboli, ciascuno dei quali identifica un numero. La seguente tabella elenca i simboli romani accanto ai corrispondenti valori espressi nel sistema numerico decimale. Si noti che non è presente un simbolo per esprimere lo zero
Suffissi per i multipli[modifica | modifica wikitesto]Il sistema romano faceva uso di suffissi a cornice per indicare i multipli notevoli. Sopralineando o sottolineando una lettera, il suo valore originale viene moltiplicato per 1 000. Questo ha delle analogie con i Prefissi del Sistema internazionale di unità di misura.
Bordando una lettera con due linee verticali ai fianchi e una linea orizzontale soprastante, il suo valore originale viene moltiplicato per centomila. Gli antichi romani non avevano una parola specifica né per i milioni né per i miliardi e la loro massima espressione lessicale numerica erano le migliaia. Per esempio, 1 000 000, si indicava come "mille mila".
Bordando con due linee orizzontali soprastanti, il valore originale viene moltiplicato per 1 000 000.
Regole[modifica | modifica wikitesto]Sul Cutty Sark, numeri romani scritti in ordine decrescente, dal 22 (XXII) al 13 (XIII)Per ottenere gli altri interi esprimibili bisogna combinare tra loro, cioè giustapporre, questi simboli in modo da ottenere stringhe che rispettano le regole seguenti.
Queste regole fanno sì che certi numeri si possano esprimere in più di un modo: per questi casi è preferibile la scrittura più concisa. Si individuano quindi i seguenti insiemi di numeri successivi
Questi numeri attualmente sono utilizzati per indicare gli ordinali di entità che fanno parte di sequenze con qualche decina di componenti (pagine, secoli, mesi, ore, regnanti, papi, membri di altre dinastie, ...). Essi sono inoltre utilizzati per indicare anni, soprattutto nelle epigrafi.
Casi particolari[modifica | modifica wikitesto]Tipico orologio a numerazione romanaSebbene la forma "standard", come è stata descritta, sia universalmente accettata per convenzione, a Roma, e soprattutto nel medioevo e in tempi moderni, si diffusero alcune alternative.[1] Alcune iscrizioni romane, in special modo in contesti formali, sembrano mostrare una preferenza per le forme IIII e VIIII, anziché IV (= 4) e IX (= 9). Entrambe le rappresentazioni appaiono in documenti precedenti al 476 d.C., ossia della caduta dell'Impero romano d'Occidente, e talvolta le varianti sono state ritrovate nel medesimo documento. Oltre a queste, sono state ritrovate, con minor frequenza, anche altre varianti: XIIX o IIXX anziché XVIII (= 18); IIIII al posto di V (= 5); IIIIII anziché VI (= 6); XXXXX al posto di L (= 50); XXXXXX anziché LX (= 60).[2][3] Tali forme alternative sono proseguite durante tutto il medioevo ed alcune anche in epoca moderna, dove sono diventate convenzioni in certi ambiti. Gli orologi che utilizzano numeri romani mostrano normalmente la forma IIII anziché IV,[4] ma mantengono la forma IX per segnare le 9;[5][6] pratica a cui si rifanno antichissimi orologi, come quello della cattedrale di Wells che risale alla fine del XIV secolo. L'utilizzo di IIII non è tuttavia capillare, il Big Ben ad esempio ha IV.[7] Operazioni[modifica | modifica wikitesto]I numeri romani possono essere considerati scritture eleganti, ma sono sostanzialmente inutilizzabili per i calcoli. Il calcolo vero e proprio veniva svolto da uno strumento esteriore come l'abaco. Ad ogni modo è probabile che il principio sottrattivo abbia facilitato l'invenzione dell'algebra e anche quella della cronometria (es. "le cinque meno un quarto"). Dodicesimi dell'unità[modifica | modifica wikitesto]
Nonostante per i numeri interi i latini utilizzassero un sistema additivo sostanzialmente in base decimale, quando essi iniziarono a pensare ai non interi nacquero nomi per le frazioni in base dodici. Ciò è probabilmente dovuto al semplice fatto che si inizia logicamente a dividere dapprima un oggetto a metà, in tre parti e in quattro, dopodiché si arriva al concetto di dodicesima parte dividendo un quarto dell'originale in tre parti o un terzo in quattro
parti (dodici è semplicemente il minimo comune multiplo dei primi quattro numeri, come il babilonese sessanta è il minimo comune multiplo dei primi cinque). Ciascun dodicesimo duodecimali aveva un nome proprio (come i numeri naturali), che parallelamente veniva
usato anche per indicare la moneta del valore corrispondente: il termine uncia (da cui oncia), ad esempio, indicava anche la moneta da un dodicesimo di asse.
La disposizione dei puntini, inizialmente lineare, iniziò ben presto ad essere contratta nelle forme qui riportate tra parentesi, tranne che nelle iscrizioni sulle monete. Da ciò nacque quella che è ancora oggi definita disposizione a quinconce, nota per essere presente sui dadi da gioco. Altre parole moderne derivanti da questa lista sono oncia, sestante e quadrante. Oltre a queste dodici frazioni "principali", esistevano anche queste altre meno comuni:
Tavola di conversione[modifica | modifica wikitesto]
Origini[modifica | modifica wikitesto]I numeri romani ebbero origine dall'intaglio di tacche successive su legno o altri materiali per incisione. L'I è chiaramente una tacca, mentre V rappresenta probabilmente una mano aperta e X due mani aperte speculari. In realtà non erano segni per fare operazioni ma semplici abbreviazioni per esprimere e ricordare numeri. L'intaglio doveva affrontare il problema della percepibilità diretta a colpo d'occhio dei numeri fino a 4, per cui il 5 necessitava di un altro simbolo. Chiunque avesse contato avrebbe infatti riscontrato difficoltà percettive dopo la quarta tacca e sarebbe stato costretto a ricontare astrattamente. Modificando l'aspetto della tacca per ogni multiplo di 5 e di 10, con uno sguardo sulla serie di tacche si tiene più facilmente la situazione sotto controllo: IIIIVIIIIXIIIIVIIIIX... oppure IIIIVIIIIXIIIIXVIIIIXXIIIIXXVIIIIXXXIIIIXXXVIIIIXXXX... All'inizio il quinto trattino per essere differenziato veniva inclinato: IIII\ V Λ < > Y у ecc. Dopo altri 4 segni, comparirà un nuovo segno (graficamente equivalente a due 5 sovrapposti e speculari). Dopo altri 4 segni, altro V facilmente individuabile rispetto al primo V perché successivo al simbolo X, e così via. In questo modo, chi conta discerne con uno sguardo insiemi di 50, 100 segni senza doverli contare a uno a uno. Nella tecnica primitiva di computo per intaglio, "39 manzi" era così descritto: IIIIVIIIIXIIIIVIIIIXIIIIVIIIIXIIIIVIIII 5 10 15 20 25 30 35 39 Tale notazione cardinale era molto scomoda perché, sebbene non ci costringa ad alcuna memorizzazione, ci espone fortemente alla confusione percettiva. Dunque si passò alla notazione ordinale, dove il numero è una totalità che riassume in sé i momenti che l'hanno costituita, ha dunque in sé la memoria della sua autocostituzione. Il fatto che la numerazione greco-latina sia derivata dalle tecniche della numerazione per intaglio è indirettamente provato dal fatto che altri popoli antichi, quali i Dalmati o i Germano-Scandinavi, siano pervenuti autonomamente ai principi della numerazione latina (es. il principio sottrattivo era presente pure presso gli Etruschi). Anche dal punto di vista linguistico, in latino computo/conto è ratio. Ratio vuol dire rapporto, comparazione come per es. tra pecore e sassi. Pensare è rationem putare, dove putare significa fare una tacca, tagliare. Rationem putare è dunque istituire un rapporto con una cosa facendo una tacca sul legno. Le notazioni numeriche romano-medievali invece erano più complicate e compromettevano l'effetto originario di economia dei simboli, tipico del principio additivo. Il sistema, infatti, ricorrendo a più principi come quello sottrattivo, a più basi, più convenzioni, perse di coesione e finì per precludersi molte possibilità operative, risultando essere alla fine una regressione. Note[modifica | modifica wikitesto]
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
Quali sono i numeri romani da 1 a 1000?Come convertire i Numeri Romani ?. Come si scrive 2022 in numeri romani?La rappresentazione di 2022 in numeri romani è MMXXII, dove M, X, I sono i simboli del sistema di numerazione romano che corrispondono, rispettivamente, ai numeri arabi 1000, 10 e 1.
Come si fa il 5000 in numeri romani?Per indicare più migliaia si poneva un trattino sopra la lettera: V = 5.000.
Come si scrive 10.000 con i numeri romani?Tavola di conversione. |