Leonardo da vinci ritratto di ginevra benci

Una storia raccontata in 50 frasi, sintetiche, a volte enigmatiche, in latino. Nascosta, attraverso un gioco di anagrammi, nel motto di tre parole che accompagna il ritratto di Ginevra de' Benci, opera che Leonardo da Vinci produsse tra il 1475 e il 1476  e che oggi è ospitata nella National Gallery di Washington.

Il segreto è stato scoperto dalla ricercatrice italiana Carla Glori. Il motto "virtutem forma decorat" che compare nella ghirlanda dipinta sul retro del quadro, rivela, anagrammandolo, 50 frasi tutte firmate dal genio del Rinascimentoa e che messe insieme, raccontano la storia di Ginevra Benci, raffigurata nel ritratto, figlia di un ricco banchiere nell'imminenza delle nozze.

"Si tratta di anagrammi - dice all'Adnkronos Carla Glori - che si connettono tra loro in modo molto coerente a formare una storia completa, con personaggi e una trama del tutto verosimili". Per arrivarci la ricercatrice ha ipotizzato che Leonardo abbia utilizzato il motto come una "macchina alfabetica" programmata per fornire attraverso anagrammi informazioni sul ritratto di Ginevra Benci, chi era e cosa le stava succedendo. La chiave per risolvere il tutto è stato aggiungere al motto virtutem forma decorat la parola latina iuniperus ovvero il rametto di ginepro che compare al centro del motto, simbolo di purezza. (

Ne escono fuori cinquanta frasi decifrate che sono anagrammi perfetti. Collegandoli insieme è possibile formare un testo coerente e significativo, coincidente con la storia biograficamente documentata di Ginevra alla data del 1474 quando il notaio Simone Grazzini da Staggia stipulò in Firenze il suo contratto matrimoniale datato 15 gennaio 1473. Il promesso sposo era Luigi di Bernardo Niccolini, un vedovo di quindici anni più anziano.

E a questo punto viene fuori la storia drammatica di una ragazza che ama un uomo e che è obbligata a sposarne un altro che detesta, mentre il suo amante è costretto ad essere un testimone impotente e condannato a subire la conseguenza del "contratto matrimoniale" (il "foedus" qualificato con la parola latina "fraus"). L'amante sarebbe l'ambasciatore veneziano Bernardo Bembo arrivato a Firenze nel 1475. Nel dipinto datato tra il gennaio 1475 e il giugno 1476, la ghirlanda con in mezzo un rametto di ginepro assieme al motto starebbe a rappresentare l'apoteosi della virtù di Ginevra sposa. Ma la scoperta della Glori racconta un'altra storia. E la stessa National Gallery di Whashington ha sccoperto con i raggi infrarossi che sotto il motto dipinto si cela un'altra frase. E' il motto del Bembo: virtus et honor (la bellezza adorna la virtù) e la ghirlanda, senza il rametto di ginepro, palma e alloro, è il simbolo nobiliare dello stesso Bembo.

"La"fiction anagrammata -dice Glori- è eccezionalmente fedele rispetto alla biografia di Ginevra datata 1474. L'identificazione del Bembo, definito "eruditus, orator, poeta", è immediata. Lo sposo Luigi Niccolini viene definito ferus, rudis, usurpator..". Nel testo ricorrono frasi anche di repulsione della donna verso il marito impostole, come ad esempio "L'innocente si addossa il tormento attraverso il patto (nuziale)", "Pura sumit torturam foedere", "Quindi a causa del letto nuziale preferisce il sudario" ("Tum e toro praefert sudarium"). Insomma una specie di denuncia nascosta da lasciare per sempre.

"Il testo latino spiega -la ricercatrice all'Adnkronos- rigorosamente formato con i 50 anagrammi tutti firmati Vinci - nella traduzione italiana risulta straordinariamente vivido e riflette l'angoscia di una fanciulla casta e oppressa, tormentata dallo spettro del suo "letto nuziale" trasformato in un "letto di morte", dove deve seppellire tutte le sue speranze e i suoi sogni. I "moti mentali" di Ginevra risultano fedelmente rispecchiati, e il testo è permeato da un senso di moralità e ribellione, a rivendicare giustizia contro una tradizione patriarcale che sottomette la donna e si appropria del suo corpo".

L'opera dipinta da un Leonardo non ancora venticinquenne, mostra un volto femminile di mezzo profilo, con una posizione delle spalle simile a quella della Gioconda, seppure orientata in senso opposto e "tagliata" all'altezza delle spalle. Il tutto, sommato all'espressione enigmatica (in questo caso evidientemente velata da una tristezza che non poteva essere manifestata fino in fondo), ha portato spesso ad accostare le due opere. La ricerca scientifica di Carla Glori sarà pubblicata su Academia.Edu.

Leonardo da Vinci, Ritratto di Ginevra de' Benci, 1474-1478, olio su pannello, 37x42.7 cm, Washington, National Gallery of Art

Ginevra de’ Benci ritratta da Leonardo da Vinci, tra il 1474 e il 1478. Tecnica utilizzata: tempera e olio su tavola. Attualmente l’opera è collocata presso National Gallery of Art di Washington.

Quello per Ginevra de’ Benci (ca.1457-1520) è il primo di tanti ritratti eseguiti da Leonardo da Vinci per importanti dame del suo tempo: Cecilia Gallerani (Dama con l’ermellino), Lucrezia Crivelli (La Belle Ferronnière), Monna Lisa del Giocondo (La Gioconda).

Leonardo ritrae Ginevra de’ Benci circa un anno dopo le sue nozze forzate, all’età di 16 anni, con Luigi di Bernardo Lapo Niccolini, di 15 anni più vecchio di lei. Non è un matrimonio d’amore ma di interesse, quindi Leonardo, in questo quadro, non riporta tanto la sua fisicità o la sua bellezza ma piuttosto il suo animo interiore.

Lei, una donna molto colta, così come la descrive Lorenzo dei Medici, è innamorata di un altro uomo. Si tratta di Bernardo Bembo (padre dell’umanista Pietro Bembo), ambasciatore a Firenze per conto della Repubblica di Venezia; è lui molto probabilmente il committente dell’opera. Il loro è stato un amore platonico, così come testimoniano ampiamente le fonti letterarie.

Il ritratto raffigura una ricca dama fiorentina in un paesaggio, davanti a un cespuglio di ginepro. La giovane donna è vestita sobriamente.

La luce è soffusa e si diffonde delicatamente su volumi e superfici. Il cespuglio scuro fa risaltare il viso malinconico della dama.

I contorni del paesaggio appaiono sfumati e poco definiti. L’espressione del viso è seria e assorta.

La composizione si basa su un triangolo isoscele in cui si inseriscono il viso e il busto della dama. La figura è nella parte centrale del quadro, con il viso e le spalle leggermente ruotate. I contorni di naso, labbra e guance non sono ottenuti con una linea netta ma grazie a delicati passaggi luce-ombra, secondo la tecnica dello sfumato.

Leonardo amava i giochi di parole: il cespuglio di ginepro dietro la donna allude al suo nome, Ginevra.

L’opera si caratterizza per l’uso della prospettiva aerea, inventata proprio da Leonardo: per la presenza dell’atmosfera, gli elementi più lontani appaiono non solo più piccoli, ma anche sfuocati e di colore grigio-azzurro; in questo modo il paesaggio, anche se meno preciso, è più realistico.

Il dipinto venne decurtato di almeno un terzo nella parte inferiore (forse perché danneggiata), tagliando così le mani, come sembra testimoniare uno studio conservato nella Royal Library del Castello di Windsor.

Il retro del ritratto di Ginevra de’ Benci

Sul retro del quadro è dipinto un ramoscello di ginepro al centro e, ai suoi lati, un ramo di alloro e uno di palma. I tre rami sono legati tra loro da un cartiglio che reca il motto “virtutem forma decorat”.

Esami a raggi infrarossi condotti dalla National Gallery di Washington hanno poi scoperto un’altra frase “virtus et honor”, il motto di Bembo, che aveva nello stemma nobiliare proprio la ghirlanda.

Anagrammando il motto “virtutem forma decorat” con l’aggiunta della parola “iuniperus”, e cioè il rametto di ginepro che compare al centro, simbolo di purezza, la ricercatrice Carla Glori ha scoperto 50 frasi in latino a firma di Leonardo da Vinci. Esse messe tutte insieme hanno permesso alla ricercatrice di ottenere la storia documentata di Ginevra, una giovane donna oppressa nell’imminenza delle nozze forzate con un uomo più grande di lei di 15 anni.

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