Geometria euclidea del piano e dello spazio

Da sempre l’uomo osserva lo spazio intorno a sé e lo rappresenta, in modo figurativo o simbolico.

La necessità di misurare lo spazio e gli oggetti in esso contenuti si manifesta quando l’uomo inizia a suddividere i terreni di proprietà, a fare commercio, a pagare tributi. La parola greca usata per indicare questa attività è geometria, misura della terra, quello che oggi chiameremmo agrimensura.

Le conoscenze geometriche nell’antichità, anche in civiltà avanzate quali la assiro-babilonese o l’egizia, erano disseminate in innumerevoli nozioni di carattere pratico, senza alcuna organizzazione teorica. Gli enti geometrici non erano pensati come astratti, bensì come oggetti materiali, terreni, campi, confini.

Fu Talete di Mileto (VI sec a.C.) che per primo concepì lo studio dello spazio nonché della forma e delle proporzioni degli oggetti come disciplina di carattere speculativo, con valore di universalità.

Formatosi prima in Grecia e poi in Egitto, fu in grado di fondere la sensibilità metafisica propria dei greci con le conoscenze tecniche che gli egizi avevano maturato in campo geometrico.

Talete diede alla geometria basi logiche e razionali, sottolineò l’importanza del metodo e non solo dei risultati, avviò la geometria a diventare una scienza, così come la intendiamo oggi.

L’insegnamento scolastico della geometria muove tutt’ora i suoi primi passi seguendo l’impostazione di Talete e poi di Pitagora (V sec a.C.) ma soprattutto fa riferimento a Euclide (III sec a.C.) e ai suoi Elementi.

Gli Elementi di Euclide sono il più importante trattato di geometria della storia antica e contengono il quadro completo del sapere geometrico del tempo. Il carattere straordinario dell’opera risiede nel fatto che questo sapere è compreso in un unico sistema deduttivo.

L’impostazione assiomatico-deduttiva che caratterizza la geometria euclidea prevede l’assunzione di elementi detti primitivi (il punto, il piano e la retta) e di postulati o assiomi che si decide di accettare senza ulteriori definizioni o verifiche. I postulati che Euclide propone sono cinque. Citiamo ad esempio il primo:

«Tra due punti distinti qualsiasi è possibile tracciare una e una sola retta».

Gli assiomi sono indipendenti tra di loro (nessuno di essi può essere dimostrato a partire dagli altri) e non contraddittori.

A partire da elementi primitivi e assiomi si dimostrano con il metodo deduttivo tutte le altre proposizioni che vanno a costituire l’intero impianto della geometria euclidea. Al sistema è poi richiesto di essere completo, deve cioè permettere la dimostrazione rigorosa di proprietà verificabili sperimentalmente.

Il primo passo della dimostrazione di una proposizione in geometria euclidea è arte, invenzione. Si disegna, si usano figure e costruzioni geometriche con riga e compasso, si creano sul momento tecniche non esplicitate negli assiomi ma con essi coerenti e da essi deducibili.

L’utilizzo del disegno è cruciale nella geometria greca: i famosi tre problemi di duplicazione del cubo, quadratura del cerchio e trisezione dell’angolo riguardano, appunto, la possibilità di tracciare figure che possiedano esattamente misure assegnate.

All’intuizione iniziale seguono poi deduzioni logiche che portano alla dimostrazione della tesi. Nella stesura finale non c’è traccia della motivazione iniziale, solo gli strumenti di tipo logico sono visti agire sugli oggetti geometrici e sulle loro proprietà, non si usa altro che la logica interna al sistema e non si fa mai riferimento a situazioni reali durante la dimostrazione. Le dimostrazioni peraltro sono molto differenti l’una dall’altra, per ognuna sembra esserci una tecnica ad hoc. È il metodo sintetico.

Il lavoro di Euclide fu da subito enormemente apprezzato e questo apprezzamento rimase immutato per secoli. Gli Elementi furono la principale opera di riferimento per la geometria fino all’Ottocento. La geometria euclidea era fondamentale nella preparazione di studiosi e intellettuali, filosofi ed artisti, si pensi ad esempio alle applicazioni nello studio della prospettiva.

Fu anche solido fondamento per la filosofia razionalista in quanto esempio non banale di conoscenza a priori, rilevante per le cose esistenti ma non dipendente dalle esperienze che di tali cose abbiamo.

Come definisce Euclide lo spazio? Esso è l’insieme di tutti i punti. Non ha bisogno di altro.

Per molti secoli i matematici hanno studiato la geometria facendo riferimento a questo unico incontestato fondamento: lo spazio euclideo tridimensionale.

Nel 1600 tuttavia avvengono importanti mutamenti nella concezione e descrizione dello spazio e degli oggetti. L’impostazione euclidea inizia a mostrare qualche limite, ad esempio nello studio delle traiettorie in meccanica o nella compilazione di mappe. Grazie a Descartes, Fermat e Leibniz, alla geometria euclidea, detta anche sintetica, le cui dimostrazioni procedono tramite figure e deduzioni logiche, si affianca la geometria analitica, che procede per simboli ed equazioni.

Il metodo dimostrativo è completamente differente da quello sintetico, molto più algoritmico. Le dimostrazioni si assomigliano tra di loro, c’è una logica comune. Innanzitutto si riformula il problema assegnando delle lettere ai dati noti, ai dati incogniti e a quelli che si ritiene necessario costruire per esplicitare meglio l’affermazione da dimostrare (ad esempio punti, segmenti o linee rette).

In seguito, senza fare differenza alcuna tra oggetti noti e ignoti (incognite) si traduce il problema in termini algebrici pervenendo a un’equazione. Il problema così impostato si risolve con manipolazioni algebriche esplicitando l’incognita oppure arrivando a un’equazione di cui si conosce già la soluzione. L’algebra è vista come strumento di scoperta. È il metodo analitico.

È qui essenziale l’uso sistematico degli assi coordinati che permettono di rappresentare i punti con coppie o terne di numeri (le coordinate cartesiane) e le relazioni geometriche fra punti con relazioni algebriche.

Si scopre che le equazioni in due incognite descrivono luoghi geometrici. Una linea retta è rappresentata da un’equazione lineare. L’intersezione tra due linee rette si ottiene risolvendo un sistema di due equazioni lineari. Una linea curva è il luogo dei punti che soddisfano una equazione algebrica.

Alcune notazioni che usiamo oggi in geometria derivano direttamente dagli scritti di Descartes. A lui dobbiamo ad esempio l’uso delle ultime lettere dell’alfabeto per indicare le incognite nelle equazioni.

La distanza tra due discipline fino ad allora separate quali la geometria, regno delle figure, e l’aritmetica, regno dei numeri, si assottiglia. Queste scoperte entusiasmano molti scienziati dell’epoca. A questo proposito possiamo citare Lagrange:

«Finché l’algebra e la geometria procedettero su sentieri separati, il loro progresso fu lento e le loro applicazioni limitate. Ma quando queste scienze si unirono, trassero l’una dall’altra nuova vitalità e da allora in poi procedettero con passo rapido verso la perfezione».

In effetti il metodo elaborato è potente, Descartes ottiene risultati importanti, dimostra ad esempio il famoso Teorema di Pappo.

Leibniz, una generazione dopo, utilizzerà tali intuizioni e una concezione “meccanica” della geometria (variabili come grandezze il cui valore aumenta o diminuisce con continuità) per elaborare uno degli strumenti più efficaci della matematica moderna: il calcolo infinitesimale. Con esso risolve il problema delle tangenti, questione aperta fin dall’antichità, considerandolo nella nuova prospettiva creata da Descartes e Fermat. Più che tracciare la tangente a una curva data, egli trova un metodo generale che consente di tracciare la tangente a una curva arbitraria. Questa formulazione è possibile solo nell’ambito della geometria cartesiana, cioè identificando una curva con la sua equazione.

Il carattere di complementarità dei ruoli di questi due metodi è un’acquisizione relativamente recente.

La questione all’epoca andava ben al di là del mero punto di vista metodologico. Da una parte c’erano la geometria e lo spazio come rappresentazioni a priori, fondamento delle intuizioni esterne. Dall’altra una scienza che osservava gli oggetti muoversi nello spazio e traeva da questa osservazione spunti per descriverne le strutture formali.

Questo dualismo tra geometria logica e geometria meccanica o fisica si protrarrà fino a tutto il XIX secolo, inserendosi in un più ampio contesto di dibattito filosofico tra razionalismo ed empirismo.

Per empiristi come Hume la conoscenza consiste di relazioni che la mente pone tra idee:

«La geometria, ossia l’arte con cui stabiliamo le proporzioni delle figure, benché superi di molto in universalità ed esattezza gli slegati giudizi dei sensi e dell’immaginazione, tuttavia non raggiunge mai una precisione perfetta. I suoi primi princípi derivano pur sempre dalla comune apparenza degli oggetti; e questa apparenza, se uno considera la prodigiosa sottigliezza di cui è capace la natura, non può mai fornire la certezza».

Per Kant invece lo spazio «è una rappresentazione necessaria a priori la quale sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne».

I teoremi e i postulati della geometria euclidea sono un esempio canonico di giudizio sintetico a priori, ossia estensivo della conoscenza in quanto il predicato aggiunge qualcosa non compreso nel soggetto. La geometria euclidea viene considerata quindi universale e necessaria, una categoria del pensiero che prescinde dall’esperienza, anzi ne è il presupposto. Solo la rappresentazione di spazio in quanto forma a priori rende possibili le conoscenze sintetiche a priori della geometria. Lo spazio non è una caratteristica esterna del mondo fisico, ma è una caratteristica della mente umana per mezzo della quale le percezioni sensoriali vengono combinate in un sistema ordinato.

Per quanto lontane comunque entrambe le concezioni filosofiche avevano un unico orizzonte di indagine: lo spazio euclideo tridimensionale.

A maggior ragione per i razionalisti. Va da sé che se lo spazio è una rappresentazione universale e necessaria, allora le sue caratteristiche non possono che essere uniche e dunque esso è necessariamente l’ insieme dei punti della geometria di Euclide.

Ne consegue che non poteva essere pensata una concezione difforme da questa né poteva costruirsi su di essa un edificio teorico.

Per i matematici più audaci del XIX secolo l’accettazione della fondazione a priori della geometria sul concetto di spazio euclideo tridimensionale era problematica. Si discuteva della possibilità di muoversi in spazi diversi da quello euclideo o con un numero maggiore di dimensioni.

Questo è ben documentato ad esempio in Gauss, che in una lettera al suo amico e matematico Friedrich Wilhelm Bessel si esprime in questo modo:

«Dobbiamo confessare umilmente che, se il numero è soltanto il prodotto del nostro spirito, lo spazio ha invece una realtà anche al di fuori del nostro spirito, realtà della quale non possiamo determinare a priori tutte le leggi».

Oppure anche nel seguente brano, celeberrimo tra i matematici:

«In qualche ora libera sono talvolta tornato a riflettere su un altro  argomento che per me è già vecchio di quasi quarant’anni; intendo parlare dei primi fondamenti della geometria; non so se Le ho già parlato delle mie idee in proposito. Anche su tale argomento ho ulteriormente consolidato alcuni punti, e la mia convinzione che non sia possibile fondare la geometria in modo interamente a priori è divenuta, se possibile, ancora più salda. Intanto lascerò passare molto tempo prima di decidermi ad elaborare per la pubblicazione le mie assai ampie ricerche sull’argomento, e forse ciò non avverrà mai durante la mia vita, perché temerei le strida dei beoti qualora volessi esprimere compiutamente le mie idee».

Il punto fondamentale qui è che la geometria analitica sviluppata nello spazio euclideo tridimensionale può essere trasportata sic et simpliciter ad un numero arbitrario di dimensioni. Per un matematico di oggi il processo di passaggio a spazi di dimensione superiore non solo è indolore, ma del tutto naturale. Se un punto nello spazio abituale è descritto da tre coordinate, un punto in uno spazio n-dimensionale è descritto da n coordinate. Vale il Teorema di Pitagora n-dimensionale, che permette di calcolare la distanza tra due punti in dimensione qualsiasi. Nella risoluzione di un problema geometrico aumentare il numero di dimensioni significa semplicemente aumentare il numero di incognite nelle equazioni.

Geometria: la visione matematica dello spazio

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Che cosa si intende per geometria euclidea?

geometria euclidea locuzione con la quale si intende in primo luogo la sistemazione su basi ipotetico-deduttive della geometria del piano e dello spazio operata da Euclide (sec. III a.C.) negli Elementi.

Che cosa e lo spazio in geometria?

Lo spazio. Lo spazio è uno degli enti fondamentali della geometria, nel quale si possono studiare le figure solide, ossia le figure formate da un insieme di punti che appartengono a piani diversi.

Quali sono i 5 assiomi della geometria?

Per un punto passano infinite rette. Per due punti distinti passa una e una sola retta. Per una retta nello spazio passano infiniti piani. Per tre punti non allineati nello spazio passa un solo piano.

Quali sono le formule del teorema di Euclide?

Primo teorema di Euclide.
A B : A C = A C : A H AB:AC=AC:AH AB:AC=AC:AH;.
A B : C B = C B : H B AB:CB=CB:HB AB:CB=CB:HB..

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