Pignoramento presso terzi poste italiane fac simile

I crediti lasciati dal de cuius (qui somme su un libretto di deposito postale), a differenza dei debiti, non si dividono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica ex art. 752 cod. Civ. prevista solo per i debiti (i quali, pertanto, ipso iure dividuntur), mentre la diversa disciplina dei crediti risulta dal disposto dell’art. 727 (che, nel prevedere la formazione delle porzioni con inclusione dei crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione) nonché dall’art. 757 (in forza del quale i crediti ricadono nella comunione poiché il coerede vi succede sin dal momento dell’apertura della successione).

Da ciò deriva che ogni partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a vantaggio della cosa comune, ciascun coerede può agire singolarmente per far valere l’intero credito ereditario comune o la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria, in tal caso debitamente specificata (nel caso in esame non avvenuta).

E’ quanto ha chiarito la Corte di cassazione, Sezione 3 Civile, con l’ordinanza del 7 giugno 2022, n. 18331, mediante la quale ha ritenuto i motivi fondati, ha accolto il ricorso e decidendo nel merito, rigettato l’originaria domanda di Ascanio Bruto.

La vicenda

Con ordinanza resa ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ., il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Pistoia, verificata la mancata dichiarazione di quantità ad opera del terzo pignorato Poste Italiane S.p.A. reiterata nei modi di cui all’art. 548 cod. proc. civ., assegnava ad Ascanio Bruto (creditore procedente) «il credito precettato» in danno di Pompeo Bruto (debitore esecutato) per l’importo di euro 17.441,48, oltre agli «interessi legali dal 22.01.2015 al saldo» ed alle spese della procedura espropriativa.

Al fine di ottemperare a detto provvedimento, Poste Italiane S.p.A. corrispondeva ad Ascanio Bruto dapprima la somma di euro 12.817,16 (corrispondente all’intera giacenza del libretto di deposito intestato alla defunta Mevia Giovenale, moglie di

Pompeo Bruto e madre di Ascanio, libretto indicato nell’atto di pignoramento presso terzi) e successivamente, a seguito di richiesta dell’assegnatario, l’ulteriore importo di euro 6.889,98.

Assumendo che la somma depositata sul libretto fosse di sua spettanza nella misura del 50% quale coerede di Mevia in pari quota con il padre, e ritenendo per l’effetto non correttamente eseguita l’ordinanza di assegnazione, Ascanio Bruto agiva innanzi il Tribunale di Pistoia invocando la condanna di Poste Italiane

S.p.A. al pagamento dell’importo di euro 6.408,58, oltre interessi al saggio previsto dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231.

La domanda, disattesa in prime cure dall’adito giudice, è stata per l’intero accolta, a seguito di appello, dalla Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 99 del 2019.

Per la cassazione della decisione d’appello ha proposto ricorso Poste Italiane S.p.A., articolando sette motivi.

I motivi di ricorso

Sono qui di interesse il primo motivo, con il quale parte ricorrente ha denunciato la nullità della sentenza sotto unì duplice, distinto, profilo:

(a) per avere, in violazione degli artt. 34 e 112 cod. proc. civ. dell’art. 124 cod. civ., compiuto un accertamento incidentale sulla titolarità in capo ad Ascanio Bruto del 50% delle somme giacenti sul libretto di deposito pignorato, in difetto di apposita domanda della parte e, comunque, delle condizioni ad hoc previste dalla legge;

(b) per non avere, in violazione degli artt. 115 e 116 cod. Proc. civ., operato alcun effettivo accertamento sul diritto di Ascanio Bruto, quale coerede di Mevia Giovenale, al pagamento del 50% degli importi presenti sul libretto di deposito, diritto contestato nella sua fondatezza da Poste Italiane S.p.A.

Con il terzo motivo parte ricorrente ha lamentato la nullità della sentenza e del procedimento e violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Specificamente, parte ricorrente ha sostenuto come il giudice di merito abbia errato nel reputare oggetto del pignoramento «solo il 50% di quanto presente sul libretto intestato a Mevia Giovenale», dacché nell’atto di pignoramento il creditore non aveva menzionato la quota di (co)eredità o limitato l’esecuzione ad una frazione del saldo del libretto di deposito.

Ha dedotto, altresì, che la titolarità sostanziale delle somme giacenti sul libretto non poteva considerarsi accertata in conseguenza della mancata dichiarazione del terzo né da quest’ultimo era conosciuta, poiché nel pignoramento non era stata rappresentata «la quota su cui cadeva il pignoramento di beni indivisi».

La decisione in sintesi

La Corte di cassazione, con la citata ordinanza n. 18331 del 2022, ha ritenuto i motivi fondati, ha accolto il ricorso e decidendo nel merito, rigettato l’originaria domanda di Ascanio Bruto.

La motivazione

La doglianza di cui al primo motivo, sopra illustrata sub (a), a dire del Collegio è infondata, benché occorra emendare l’argomentazione svolta dal giudice territoriale.

La Corte di Appello ha ritenuto di poter verificare il diritto dell’attore Ascanio Bruto sulle somme portate dal libretto e l’indebito utilizzo delle stesse ad opera di Poste Italiane S.p.A. per adempiere all’ordinanza ex art. 553 cod. proc. civ., sul rilievo che tal circostanze «ben possono costituire oggetto di un accertamento incidentale, essendo state tempestivamente allegate sin dal I grado».

L’error iuris del ragionamento trascritto risiede nell’improprio riferimento alla nozione di accertamento incidentale, invero non evocabile nella specie in difetto della formulazione di una domanda di parte con valenza di giudicato oppure di una questione da decidere con tale efficacia per volontà di legge.

E tuttavia, la verifica sulle evenienze fattuali dedotte dall’attore era consentita al giudice (anzi, si imponeva) in quanto le stesse concretavano la ragione della domanda di condanna proposta, l’insieme dei fatti costitutivi del diritto alla corresponsione di somme azionato in giudizio: in sintesi, la causa petendi.

Il Collegio, al fine di dare conto della enunciata conclusione di accoglimento dei motivi, ha ripercorso l’iter argomentativo seguito dal giudice d’appello.

In primis, la gravata pronuncia delimita l’oggetto del contendere: «resta da accertare se Poste Italiane sia responsabile per non aver dato corretta esecuzione all’ordinanza di assegnazione, per non aver tenuto conto del fatto che la somma di euro 6.408,59, pari alla metà della somma disponibile sul libretto, intestato alla comune dante causa, Mevia Giovenale, fosse di spettanza dell’appellante in quanto coerede al 50% con Pompeo Bruto».

All’interrogativo ha offerto risposta positiva sulla base dei seguenti rilievi:

(i) dal tenore dell’atto di pignoramento presso terzi si evinceva che il creditore intendeva agire sulla quota del libretto di deposito intestato alla defunta Mevia spettante al debitore;

(ii) era «comprovato» dall’atto di pignoramento che il terzo pignorato «conoscesse che Ascanio Bruto ed il proprio padre fossero coeredi al 50% di Mevia»;

(iii) il terzo pignorato, omettendo di rendere la dichiarazione di quantità e di proporre opposizione agli atti esecutivi, non aveva contestato la circostanza di cui al punto (ii) «né la propria posizione debitoria nei confronti di Pompeo Bruto»;

(iv) pertanto «Poste Italiane avrebbe dovuto prelevare dal libretto postale solo il 50% della somma ivi depositata di proprietà di Pompeo Bruto».

Il sintetizzato ragionamento non è conforme a diritto, tanto nelle premesse dimostrative quanto negli esiti precettivi.

Oggetto dell’espropriazione di crediti presso terzi (procedimento azionabile anche quando il credito staggito sia rappresentato da un documento di legittimazione, come un libretto di deposito, postale o bancario: Corte di cassazione, 13/05/2020, n. 8877; Corte di cassazione, 15/07/1987, n. 6242) sono le cose o le somme dovute al debitore esecutato dal terzo debitor debitoris, somme o cose la cui indicazione (almeno o anche assolutamente generica: così Corte di cassazione, 20/03/2014, n. 6518; Corte di cassazione, 24/05/2003, n. 8239) integra, a mente dell’art. 543, secondo comma, num. 2, cod. proc. civ., requisito di contenuto-forma dell’atto di pignoramento.

Ebbene, nel caso in esame per quanto pacificamente evincesi dal contenuto dell’atto di pignoramento riportato, nei suoi stralci salienti, nel ricorso introduttivo e (pedissequamente) nella sentenza impugnata, siffatta indicazione del credito staggito è stata operata dal procedente mediante la puntuale specificazione della ragione causale dell’obbligo del terzo (ovvero la restituzione delle somme giacenti sul libretto postale intestato alla defunta Mevia Giovenale) e l’allegazione della qualità in capo al debitore esecutato di coerede della intestataria del libretto.

La peculiarità della vicenda litigiosa si radica allora, in tutta evidenza, nella natura del credito (dapprima) asservito al vincolo del pignoramento e (di poi) assegnato: si tratta di un credito ereditario, siccome componente (una porzione del)la massa relitta dalla defunta titolare del libretto di deposito, ed in quanto tale caduto, al momento dell’apertura della successione, in situazione di comunione (manente all’epoca del pignoramento) tra i coeredi, parti della procedura espropriativa in veste di creditore pignorante e debitore esecutato.

Orbene, i crediti lasciati dal de cuius, a differenza dei debiti, non si dividono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica ex art. 752 cod. Civ. prevista solo per i debiti (i quali, pertanto, ipso iure dividuntur), mentre la diversa disciplina dei crediti risulta dal disposto dell’art. 727 (che, nel prevedere la formazione delle porzioni con inclusione dei crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione) nonché dall’art. 757 (in forza del quale i crediti ricadono nella comunione poiché il coerede vi succede sin dal momento dell’apertura della successione).

Da ciò deriva che, secondo il principio generale per cui ogni partecipante alla comunione può esercitare singolarmente le azioni a vantaggio della cosa comune, ciascun coerede può agire singolarmente per far valere l’intero credito ereditario comune o la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria, in tal caso debitamente specificata (cfr., sulle orme di Corte di cassazione,, Sez. U, 28/11/2007, n. 24657, v. Corte di cassazione, 16/04/2013, n. 9158; Corte di cassazione, 11/07/2014, n. 15894; Corte di cassazione, 20/11/2017, n. 27417).

Con l’espropriazione in esame è stato aggredito un credito in comunione ereditaria nella titolarità di un coerede ma senza puntualizzazione alcuna in ordine alla misura della quota di spettanza dell’esecutato verso il terzo, quota nemmeno ipotizzabile come corrispondente alla proporzione legale sulla base dell’enunciato rapporto di parentela dell’esecutato con il de cuius, stante l’omessa allegazione nell’atto di pignoramento del titolo (legittimo, anziché testamentario) della devoluzione.

È dunque priva di fondamento, letterale ancor prima che giuridico, l’affermazione del giudice territoriale circa la sottoposizione a pignoramento della sola frazione del credito ereditario proporzionale alla quota appartenente all’esecutato nonché, a maiori, circa la – anapoditticamente postulata – conoscenza ad opera del terzo della misura di siffatta quota: né ai fini della individuazione di essa assume (pur minima) valenza l’addenda «ai sensi e nei limiti di legge» con cui, nell’atto ex art. 543 cod. proc. civ., risulta manifestato l’intento di pignorare il credito, siccome diffusa formula di stile, priva di qualsivoglia pregnanza significante.

Ottemperando all’ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ. (ovvero con il pagamento al creditore assegnatario delle somme stabilite dal giudice dell’esecuzione) il terzo pignorato adempie (estinguendo in misura pari a quanto effettivamente versa) il proprio obbligo nei confronti del debitore esecutato, per come accertato in seno alla procedura espropriativa.

Con il versamento all’assegnatario di un importo corrispondente (dato pacifico) all’integrale giacenza del libretto di deposito, quindi, il terzo pignorato Poste Italiane ha estinto l’intero credito caduto nella massa indivisa relitta da Mevia Giovenale a beneficio esclusivo di uno soltanto dei coeredi, cioè a dire il debitore esecutato Pompeo Bruto: ma tale adempimento, diversamente da quanto opinato dal giudice di merito, era pienamente legittimo (ed altresì liberatorio per l’obbligato), dacché – come innanzi precisato – la soddisfazione del credito ereditario può avvenire (per l’intero) anche in favore di un singolo coerede (e senza necessità del consenso o dell’adesione degli altri coeredi), fermo restando che, ricadendo il credito nell’asse ereditario, l’avvenuta riscossione da parte di un coerede di tutto i credito stesso va poi regolata (con obbligo di imputazione oppure compensazione con altre poste) nell’ambito delle operazioni divisionali (v., sul punto, la giurisprudenza di nomofilachia sopra citata).

Sicché, Poste Italiane S.p.A. doveva adoperare la totalità delle somme depositate sul libretto per assolvere all’ordine del giudice dell’esecuzione e, per altro verso, Ascanio, nella veste di coerede di Mevia, non aveva alcun diritto a richiedere a detta società il pagamento (o la restituzione) di una quota del credito ereditario oramai in toto estinto, dovendo invece rivolgere le proprie pretese in ambito divisionale nei confronti del coerede beneficiario dell’adempimento (seppur in via mediata, attraverso l’estinzione di un proprio debito).

Dove notificare pignoramento presso terzi Poste Italiane?

La notifica dell'atto di pignoramento presso terzi poste italiane va effettuata presso l'ufficio postale dove si trova il conto corrente di cui il debitore è titolare.

Come si notifica l'atto di pignoramento presso terzi?

In una corretta procedura di pignoramento presso terzi la notifica è un atto di competenza esclusiva dell'ufficiale giudiziario, mentre il precetto e l'atto di citazione possono essere notificati direttamente dal legale del creditore sia tramite raccomandata A/R che a mezzo PEC.

Cosa deve contenere l'atto di pignoramento presso terzi?

Nell'atto di pignoramento presso terzi devono poi trovare indicazione le cose e le somme dovute, l'intimazione al terzo di non disporne (se non per ordine espresso del giudice), la dichiarazione di residenza o l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente e l'indicazione dell'indirizzo PEC ...

Cosa succede dopo la notifica del pignoramento presso terzi?

Successivamente alla notifica dell'atto di precetto il creditore deve consegnale all'ufficiale giudiziario il titolo esecutivo, il precetto e l'atto di pignoramento presso terzi. Entro un mese dalla data di notifica si riesce a bloccare le somme e quindi a privare il debitore del loro utilizzo.

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